Il 46% delle sostanze cancerogene per i topi non lo è per i ratti e viceversa

Dati bioanalitici sulla carcinogenesi: Correlazione per specie e sesso.

Traduzione di Cecco Amaro.

[Frederick J. Di Carlo. Carcinogenesis bioassay data: correlation by species and sex. Drug Metabolism Reviews, 15(3), 409-413 (1984).]

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È stato messo l’accento con accanimento e ad nauseam sul fatto che sia estremamente difficile estrapolare informazioni di bioanalisi della carcinogenesi da specie di roditori all’essere umano. Questo articolo affronta una questione che a quanto pare è relativamente semplice. Nel concreto, la domanda è: qual’è l’attuale capacità di estrapolare dati bioanalitici per la carcinogenesi tra specie di roditori? La risposta a questa domanda è stata data esaminando tutto lo Handbook of Summaries of the National Cancer Institute/National Toxicology Program Carcinogenesis Bioassay Technical Reports (manuale di sintesi dell’istituto nazionale dei tumori/Programma Nazionale di Tossicologia Rapporti Tecnici di Bioanalisi per la Carcinogenesi)[2].

I sommari coprono 230 bioanalisi di cancerogenesi su 221 sostanze . Quello che è di gran lunga il gruppo più grande, con 178 test biologici, prevede l’alimentazione come medodo di somministrazione delle sostanze testate. (tabella 1) Sette prove di alimentazione sono state condotte su una sola specie . Delle restanti 171 bioanalisi , 33 hanno dato risultati che impediscono correlazione poiché i dati sono stati classificati come “inadeguati ” o “equivoci ” per uno o più gruppi di animali . Per lo scopo prefisso consideriamo “inequivocabili” i risultati delle restanti 138 bioanalisi. Questo insieme di dati comprende il 60 % del totale.

La tabella 2 mostra che i risultati inequivocabili presentano 14 diverse conformazioni di dati positivi e negativi. La conformazione più frequente è costituita da risultati totalmente negativi, il che indica che le sostanze di prova non hanno dimostrato carcinogenicità in ratti o topi maschi o femmine. Poiché è possibile identificare migliaia di tali sostanze, questo insieme di dati può essere trascurato quando si cerca correlazione tra le specie e sessi.

La tabella 3 permette un esame delle correlazioni di sesso e specie dai dati di bioanalisi del NCI (National Cancer Institute) con l’esclusione delle sostanze testate che hanno dato risultati uniformemente negativi. Questa tabella mostra che solo il 21 % delle sostanze sono risultati positivi per entrambi i sessi di entrambe le specie, il 32 % sono specie-specifici, e il 46 % non ha dimostrato correlazione né di specie né di sesso. Fino a quando non è compresa questa zona di risposta topo/ratto è illusorio sostenere (o meno) ogni estrapolazione di dati di bioanalisi sulla cancerogenesi da roditori per l’uomo.

E’ stato proposto che la popolazione umana debba essere divisa in sottoinsiemi relativi alla suscettibilità alla carcinogenesi, e questo punto di vista è accettabile. A questo proposito, una interpretazione dei dati di saggi biologici NSC è che i ceppi di ratti e topi impiegati non erano membri di sottoinsiemi comparabili della loro specie. Se questo fosse vero come dovrebbero essere selezionati gruppi appropriati?

Un approccio è di usare il metabolismo e la farmacocinetica [3] (studio dell’attività ed interazione dei farmaci nel corpo -ndt), in senso lato, come base per le selezioni. Seguire questa via non rischia di portare a singoli ceppi di ratti e topi applicabili alla valutazione insieme di sostanze chimiche. 

Questo punto di vista è suggerita dall’osservazione che cinque composti azoici sono positivi in entrambi i sessi di ratti e negativi in entrambi i sessi di topi (Tabella 2). Sembra ragionevole supporre che questa netta differenza sia dovuta ai livelli di azoreduttasi (enzima presente nel colon – ndt). Dal momento che i topi tendono ad avere livelli di azoreduttasi maggiore,non minore, rispetto ai ratti [4], i risultati dei saggi biologici possono essere attribuibili a differenze nell’azobenzene reduttasi nella microflora intestinale dei roditori. Calabrese [5] ha ricapitolato molte interessanti differenze nei microrganismi presenti nell’intestino dei mammiferi e ha concluso che “biotrasformazioni” per mezzo della microflora intestinale possono avere profonde implicazioni tossicologiche, ma non ha trovato nessuna pubblicazione che attesti differenze in specie di mammiferi legati alla riduzione dell’azoto mediante batteri intestinali [6].

E drasticamente chiaro che ora la carcinogenesi nel topo non può essere prevista sulla base di dati di saggi biologici positivi ottenuti dal ratto e viceversa. Le precedenti considerazioni portano a concludere che studi su metabolismo e farmacocinetica dovrebbero precedere i test tossicologici, soprattutto quando sono richiesti test a lungo termine ed è auspicabile generare interpretazioni meccanicistiche dei dati. È stato sottolineato in precedenza [7] che le anomalie nei risultati dei test di mutagenesi a breve termine sono anche attribuibili alla mancanza di dati sul metabolismo. A mio avviso, sia che il problema riguardi costosi test biologici cronici su animali o test batterici a breve termine poco costosi, la soluzione è qualitativamente identica. Senza informazioni su metabolismo/farmacocinetica sui composti testati i dati tossicologici continueranno a non dare spiegazioni. E senza spiegazioni, molte estrapolazioni interspecie di dati sulla tossicità rimarranno non scientifici.

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Riferimenti:

[1] B. Feirstein, Real Men Don’t Eat Quiche, Pocket Books, New York, 1982.
[2] V. A. Fung and M. Kirchner, Handbook of Summades of the National Cancer Institute/National Toxicology Program Car­cinogenesis Bioassay TechnicaZ Repor-ts, SRI InternationaI,
Bethesda, Md., 1983.
[3] F. J. Di Carlo, Metabolism, pharmacokinetics, and toxico­kinetics defined, Dr’ug Metab. Rev., 13, 1-4 (1981).
[4] R. H. Adamson, R. L. Dixon, F. L. Francis, and D. P. Rall, Comparative biochemistry of drug metabolism by azo and mtro reductase, Proc. NatI. Acad. Sci. USA, 54, 1386-1391
(1965).
[5] E. J. Calabrese, Pr-inciples or Animai Extrapolation, Wiley, New York, 1983, pp. 89-105.
[6] E. J. Calabrese, Personal communication.
[7] F. J. Di Carlo, Mutagenicity testing: Its elusive quantita­tion, Drug Metab. Rev., 9, v-vi (1979).

4 risposte a “Il 46% delle sostanze cancerogene per i topi non lo è per i ratti e viceversa

  1. Stiamo parlando di uno studio di 30 anni fa… Vai su PubMed a farti una cultura che è meglio.

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  2. è curioso che chi si basa su metodi del 1800 ora si erga a paladino della modernità…Basta leggere la pagina dell’airc comunque, sono i primi a parlare di farmaci biologici specifici per OGNI individuo, eppure continuano a usare animali di specie diversa dalla nostra. Davvero gente bizzarra questi vivisettori

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  3. 30 anni sono un lasso di tempo brevissimo nella storia della medicina… Mi dica, sig.Brianfury, in questi 30 anni le ‘nuove’ raffinate tecniche vivisettorie, hanno forse debellato il cancro? La verità è, signor Brianfury, che “nessun tumore degli animali ha un rapporto con un cancro umano.” -Lancet- (gli scienziati, quelli intellettualmente onesti, lo hanno capito da tempo immemorabile, e se pensiamo che dal 1700 i vivisettori hanno iniziato i loro ‘studi’ sul cancro, sugli animali… e se pensiamo alle somme ingenti che sono state spese (direi sperperate) e al numero enorme, non quantificabile, di animali usati in tutti i laboratori del mondo …beh, è un fatto che la dice lunga sulla incongruità del metodo… Una dimostrazione così evidente, tangibile e incontestabile di quanto la SA sia fallimentare e di ostacolo per il progresso della medicina, che fa pensare a una follia planetaria… O a un business tanto enorme quanto infame.

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