(Preso da “Critica Scientifica alla Sperimentazione Animale”)
Già dal 1930, il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), il pesce zebra (Danio rerio), ed il topo (Mus musculus) venivano utilizzati per studiare l’embriologia e lo sviluppo di tessuti, organi e sistemi.
A partire dagli anni ‘80 il gene targeting in organismi animali ha consentito la delezione (“knockout”) o la sostituzione (“Knockin”) di qualsiasi gene nel genoma, permettendo di indagare sull’influenza di determinati geni sullo sviluppo, morfologia, fisiologia e anche sul comportamento dell’animale.
Il gene targeting ha avuto così tanto successo nel chiarire la funzione dei geni negli animali a livello molecolare che è diventato uno strumento standard nel campo della genetica molecolare. Ora viene utilizzato per risolvere uno degli obiettivi principali dell’era post-genomica: assegnare una funzione ad ogni gene nel genoma e/o mettere a punto modelli animali di patologie umane allo scopo di valutare gli effetti di potenziali cure (Koonin 2005).
Tuttavia, l’assunzione che la funzione dei geni sia conservata tra gli organismi modello e l’uomo non è fondata.
Lynch (2009) :
The assumption that gene functions and genetic systems are conserved between models and humans is taken for granted, often in spite of evidence that gene functions and networks diverge during evolution.
Numerosi studi dimostrano che la funzione delle proteine omologhe non rimane necessariamente la stessa nel corso dell’evoluzione (Adamska et al. 2007, Anan et al. 2007, Averof et al. 1995, Brainford et al. 2000, Chen et al. 2004, Emili et al. 1994, Falciani et al. 1996, Fondon e Garner 2004, Gelent e Carroll 2002, Gerber et al. 1994, Gremer e Carroll 2000, Hanks et al. 1998, Hsia e Mc Ginnis 2003, Hyman et al. 2003, Kellerer et al. 2006, Li et al. 2007, Lohr et al. 2001, Park et al. 1998, Prager e Wilson 1975, Punzo et al. 2004, Ranganaykulu et al. 1998, Ronshangen et al. 2002, Stolt et al. 2004, Tanay et al. 2005, Tuch et al. 2008, Lynch et al. 2008, Lynch 2009).
Inoltre, le modificazioni delle reti di regolazione genica nel corso dell’evoluzione sono mediate dalla regolazione e dall’espressione genica (Carroll 2005a, Carroll 2005b, Wagner e Lynch 2005, Lynch e Wagner 2008, Wagner e Lynch 2008).
Coleman (1992):
We are, of course, largely products of our genomes, but the genome is not everything. A caterpillar and a butterfly are genomically identical, but are anatomically and physiologically distinct. It is not just the genome per se that dictates what and who we are, but how that genome is expressed. So although mice and humans are apparently at least 95% identical at the genomic level, this does not prevent our respective phenotypes from being different.
Lynch (2009):
Functional divergence in genes and regulatory networks accumulate during evolution. This suggests that a fundamental assumption of comparative genomics and biomedical studies, i.e., that gene functions are conserved between model organisms and humans, may be too simplistic. Indeed, beyond case-by-case studies and anecdotal evidence, there have been few systematic examinations to verify the assumption of functional conservation between models and humans. Examples of functional divergence, however, have received little attention within the biomedical community, despite a growing number of studies finding that changes in protein function may be common during mammalian evolution.
Da quanto emerge dai più recenti studi le modificazioni nella regolazione genica sarebbero i motori principali dell’evoluzione animale, molto più di quanto lo sia il numero e la sequenza di geni codificanti proteine (Levine & Tijan, 2003; Carol, 2005; Taft et al.,2007, Boffelli e Martin 2012). E’ probabile che nella maggior parte dei casi le differenze nei meccanismi molecolari associati con le risposte specie-specifiche degli animali (ad es. in farmacologia o per la suscettibilità a determinate patologie) siano al livello di regolazione genica.
Regolazione di promotori ed enhancers, fattori epigenetici, RNA non codificanti (miRNA) sono alcuni dei possibili fattori implicati nelle differenze tra le diverse specie animali rispetto alle risposte a determinati stimoli.
Da Coleman (2002)
Fattori epigenetici
I fattori epigenetici descrivono tutte quelle modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA. Dunque si definiscono epigenetici quei cambiamenti che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo. Benché questi cambiamenti vengano spesso tramandati alle diverse generazioni cellulari attraverso la mitosi e in molti casi attraverso la meiosi, non sono permanenti, ma possono essere cancellati o modificati in risposta a diversi stimoli, inclusi i fattori ambientali. Tra i più importanti fattori epigenetici citiamo la metilazione del DNA, la struttura della cromatina, la modificazione post-traduzionale degli istoni e l’utilizzo delle varianti istoniche.
Ad esempio le rilevanti differenze riscontrate nelle abilità cognitive dei primati non umani e dell’uomo sarebbero dovuti in gran parte a differenze epigenetiche, ovvero nella metilazione del DNA in specifiche aree dell’encefalo. Lo stesso può dirsi in merito alle differenze riscontrate rispetto la suscettibilità a determinate patologie neuro-degenerative, psichiatriche, nonché al cancro (Zeng et al. 2012, Shulha et al. 2012).
Micro RNA (miRNA)
Scoperti soltanto negli anni 90, i microRNA (o miRNA) sono piccole molecole endogene di RNA non codificante, a singolo filamento, di 20-23 nucleotidi. Sono coinvolti nella regolazione dell’espressione genica. Sembra che le modificazioni nella regolazione dei miRNA siano legate all’evoluzione della complessità e diversità animale. L’evoluzione dei miRNA animali è un processo altamente dinamico: persino tra le specie affini esiste un’alta variabilità nel repertorio e nell’espressione dei miRNA (Berezikov 2011). Il tasso di accumulo di nuovi miRNA nel corso dell’evoluzione dei mammiferi è relativamente alto. Visto che anche un piccolo cambiamento nella sequenza di nucleotidi può avere rilevanti conseguenze dal punto di vista funzionale, i miRNA sono molecole dotate di un altissimo potenziale evolutivo (Chen & Rajewsky 2007).
Considerevoli evidenze dimostrano che i miRNA sono implicati nella regolazione di importantissimi processi fisiologici tra cui proliferazione e differenziazione cellulare, apoptosi (Bartel et al. 2004, Koufaris et al. 2012), risposta immunitaria, metabolismo, reazione a farmaci ed agenti tossici, risposta allo stress cellulare (Yokoi & Nakajima, 2011, Lema & Cunningham, 2010).
Nuovi miRNA vengono continuamente acquisiti nel corso dell’evoluzione (Grimson et al.,2008; Wheeler et al.,2009). Il repertorio di miRNA differisce anche tra le specie affini e persino tra diversi ceppi o razze appartenenti alla medesima specie ad es. tra specie sorelle di nematodi (de Wit et al.,2009), uomo e scimpanzé (Berezikov et al.,2006) e tra diversi ceppi di topi (Linsen et al.2010).
Koufaris et al. (2012) sottolineano l’importanza dei miRNA nel determinare differenti risposte in diverse specie in tossicologia:
“An altered targetome would mean that an observed miRNA deregulation following toxic exposure or cell stress may result in different phenotypic consequences in different species ”.
E ancora :
“We are suggesting that species-differences in miRNA regulation, function, and repertoire can act to attenuate or amplify the toxic effects on an organism of exogenous exposures. This hypothesis is in agreement with both the dynamic nature of miRNAs during animal evolution and with their important toxicological functions”.
Riassumendo, i motivi per cui i sistemi viventi possono manifestare risposte diverse agli stessi stimoli sono differenze rispetto:
- Presenza di determinati geni. Geni possono essere persi o acquisiti durante l’evoluzione.
- Alterazione di geni o cromosomi (delezioni, inserzioni, inversioni, duplicazioni, varianti in numero di copie, SNPs)
- Differenze rispetto le forme di uno stesso gene (geni ortologhi)
- Presenza di pseudogeni, ovvero geni che hanno perso la loro funzione nel corso dell’evoluzione
- Proteine differenti (quindi derivanti da geni differenti) potrebbero svolgere la medesima funzione
- Trasferimento orizzontale di geni
- Splicing alternativo
- Vecchi geni possono acquisire nuove funzioni e la stessa funzione può essere svolta da geni diversi
- I geni possono essere regolati ed espressi in modo diverso in relazione agli stimoli ambientali, gli influssi epigenetici ed i miRNA
- Differenze nelle reti di regolazione genica
- Cambiamento dei profili di espressione genica
- Differenze rispetto le proteine, l’attività o l’interazione delle stesse
- Differenze rispetto l’organizzazione dell’organismo nella sua globalità (l’uomo ed il topo sono organismi completi ma la loro integrità è organizzata in modo differente)
- Differenze per quanto riguarda l’esposizione ai fattori ambientali
- Storia evolutiva
Gli organismi viventi sono sistemi complessi e come tali sono dotati di proprietà peculiari, tra cui, importantissime:
- La robustezza, ovvero la tendenza al mantenimento dell’omeostasi nonostante le perturbazioni che tenderebbero a cambiare le condizioni del sistema. La robustezza dei sistemi biologici è determinata da quattro fattori chiave: il controllo del sistema, cioè l’esistenza di segnali d’allarme che modificano la risposta biologica in caso di necessità; la ridondanza, ovvero l’esistenza di più meccanismi parzialmente sovrapposti che raggiungono il medesimo obiettivo, nel caso in cui il meccanismo principale sia stato compromesso; la modularità, che limita i danni al modulo colpito, non permettendone l’espansione; la stabilità strutturale, che consente la variazione di alcuni parametri senza compromettere la funzionalità del sistema.
- Le proprietà emergenti, ovvero proprietà inspiegabili sulla base delle leggi che governano le componenti del sistema prese singolarmente. Esse scaturiscono da interazioni non-lineari tra le componenti stesse.
Un approccio di tipo riduzionistico sarebbe l’unico possibile attraverso il modello animale. Tuttavia il fatto che l’animale sia un sistema complesso, e complesso in modo diverso rispetto all’uomo, ci impedisce di fare questo tipo di ragionamento. A questo proposito, van Regenmortel (2004) fa notare:
“Most human diseases result from the interaction of many gene products, and we rarely know all of the genes and gene products that are involved in a particular biological function. Nevertheless, to achieve an understanding of complex genetic networks, biologists tend to rely on experiments that involve single gene deletions. Knockout experiments in mice, in which a gene that is considered to be essential is inactivated or removed, are widely used to infer the role of individual genes. In many such experiments, the knockout is found to have no effect whatsoever, despite the fact that the gene encodes a protein that is believed to be essential. In other cases, the knockout has a completely unexpected effect. Furthermore, disruption of the same gene can have diverse effects in different strains of mice. Such findings question the wisdom of extrapolating data that are obtained in mice to other species. In fact, there is little reason to assume that experiments with genetically modified mice will necessarily provide insights into the complex gene interactions that occur in human.”
In conclusione, alla luce di quanto emerge dalle nuove conoscenze, perlopiù scaturite nel corso dell’era post-genomica, vi è perciò la necessità di ridimensionare le aspettative riguardo la predittività dei modelli animali, compresi quelli geneticamente modificati o “umanizzati”.
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